centro-accoglienzaL’articolo apparso in data 15 del c.m. sul quotidiano l’Unità, titolato “Lampedusa l’inferno”, in cui si denunzia che la rivolta e l’incendio del 18 febbraio sono stati originati dalle “indegne condizioni di sovraffollamento” del CIE di Lampedusa e dai “pestaggi” operati dalla polizia a danno di alcuni tunisini trattenuti, ci induce a tornare su di un tema che avevamo più volte affrontato.    Anche nel recente comunicato, avevamo richiamato l’attenzione del ministro Maroni, sulla necessità di rendere più umano il trattamento degli immigrati trattenuti nei centri. Non abbiamo quindi difficoltà nel denunziarne il sovraffollamento, che spesso è all’origine dei problemi di cui sono vittime gli immigrati ma anche gli operatori di polizia, addetti alla loro custodia.   Sia i primi che i secondi condividono infatti le inevitabili tensioni, che nascono da insopportabili condizioni di vita, da pericolose condizioni igieniche, dalla difficoltà di comunicare, non solo per motivi linguistici ma anche in ragione di situazioni diverse e tuttavia accomunate dalla frustrazione, rispetto alle proprie aspettative.  Se gli immigrati vedono frustrata la loro speranza di una vita migliore, scoprendo di essere stati ingannati dai loschi mercanti, che li hanno “spennati” con illusorie promesse, i poliziotti si vedono impiegati in compiti estranei a quelli per i quali hanno scelto di servire le Stato e per i quali sono stati preparati. Anche essi talvolta vengono illusi della necessità dell’uso della forza, da dirigenti non sempre in buona fede, che sembrano non comprendere come il sostanziale regime di lunga detenzione, cui sono sottoposti gli immigrati, richieda l’utilizzo di tecniche e di una preparazione più vicina a quella degli operatori della Polizia Penitenziaria.    E’ necessario pertanto che l’emanando decreto di proroga del trattenimento nei CIE, fino a 6 mesi, degli immigrati clandestini, preveda anche soluzioni per i problemi sopra evidenziati.    E’ necessario pertanto che il Dipartimento della P.S. faccia chiarezza sulle eventuali responsabilità di chi, pur chiamato a gestire una situazione oggettivamente difficile, ha ritenuto di mostrare le proprie capacità con un uso indebito della forza, omettendo di segnalare la necessità di strutture più adeguate, di mezzi più idonei e di operatori più qualificati per controllare soggetti in regime di semidetenzione, originata peraltro dall’illusorio desiderio di sfuggire alla fame ed alla miseria.

FONTE: SEGRETERIA NAZIONALE  UILPS