livatino1Il 21 settembre 1990 la mafia uccideva alle porte di Agrigento il giudice Rosario Livatino. E oggi, nel 19° anniversario del barbaro assassinio, per ricordarlo, è stata celebrata nel pomeriggio una funzione religiosa nella chiesa di San Domenico, a Canicattì. Dopo la cerimonia un corteo silenzioso di auto ha raggiunto il luogo dell’agguato.

Laureatosi a soli 22 anni in giurisprudenza, il “giudice ragazzino”, così come era stato soprannominato per la sua giovane età, era entrato subito nel mondo del lavoro vincendo il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento dove restò dall’1 dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Aveva superato infatti un concorso in in magistratura diventando uditore giudiziario a Caltanissetta. Livatino fu ucciso, in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre sul viadotto Gasena, lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta, mentre – senza scorta, con la sua Ford Fiesta amaranto – si recava in Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti che sono stati tutti condannati in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio all’ergastolo, con pene ridotte per i “collaboranti”.

La lucida determinazione nello svolgimento delle indagini ed il generoso impegno nella lotta contro i mafiosi del giudice Rosario Livatino sono stati e sono ancora oggi monito ed esempio per tanti che nella magistratura come nelle forze dell’ordine, nella società come nelle istituzioni lavorano per liberare la Sicilia dalla criminalità organizzata”. È quanto dichiarato dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo nella ricorrenza del 19° anniversario dell’uccisione del giudice canicattinese. Ricordare Livatino è ricordare a noi tutti che è possibile sconfiggere la mafia – ha proseguito il Governatore -. Da cattolico praticante Livatino ha  lasciato un’ indelebile lezione di vita sottolineando a tutti noi che lotta alla mafia e fede cristiana rappresentano un binomio indissolubile. Il suo sacrificio – ha concluso Lombardo – assume a valore di martirio e, non a caso, si parla da tempo di una sua possibile beatificazione”.  In merito è intervenuto, tra gli altri, anche il presidente del Senato, Renato Schifani secondo cui “Troppo spesso viene dimenticato l’impegno dei servitori dello Stato che nello svolgere con quotidiana dedizione il proprio lavoro hanno rischiato la vita. Livatino e’ stato ucciso per difendere i nostri valori piu’ importanti. Ma il suo sacrificio non e’ stato vano. Ha arricchito le nostre coscienze ed ha contribuito in maniera decisiva alla diffusione della cultura della legalita’ e della lotta al fenomeno mafioso. Che la sua tragica scomparsa resti un monito forte e imprescindibile per noi tutti a continuare sulla via da lui, come da tanti altri, eroicamente intrapresa”.

Per il senatore del Pd, Giuseppe Lumia,  Livatino era “un giovane servitore dello Stato che ci ha lasciato in eredità una preziosa testimonianza di giustizia e legalità”. “Il suo impegno – aggiunge Lumia – era animato da un profondo e autentico senso delle istituzioni, che ha coltivato con uno studio appassionato, serio, rigoroso e uno stile di vita orientato da autentici valori umani e cristiani. Nella sua attività di magistrato – ricorda l’esponente del Pd – Livatino si è era occupato della cosiddetta ‘Tangentopoli Siciliana’, condusse diverse inchieste sulla ‘Stidda’ e su ‘Cosa nostra’. Il suo esempio è un modello di alto senso civile per tutto il nostro Paese”