Quando non c’è più posto nell’armadio per i nostri abiti, li portiamo alla Caritas o li gettiamo negli appositi contenitori dislocati in vari quartieri della città. Con questo gesto, molti cittadini finora sono stati convinti che gli abiti depositati, siano stati consegnati ai più bisognosi. Così invece non è, poiché una casalinga canicattinese ha ritrovato alcune magliette e un vestitino per bambini in vendita presso il locale mercatino del mercoledì.
Probabilmente questo gesto si è verificato a causa dell’abbandono di molti abiti fuori dall’apposito contenitore, situazione che agevola chiunque sia interessato ad impossessarsi di tali indumenti. Per disinformazione o perché ancora legati a vecchi modelli di intervento sociale, molte persone credono che i vecchi abiti siano inviati ai poveri locali o in altre parti del Mondo e ogni volta che questo non avviene si urla allo scandalo.
La cooperativa che si occupa della raccolta di abiti usati in città, invia tutto il materiale ad una ditta specializzata del nord Italia che in gran parte distrugge tali vesti, la cooperativa ha in passato dichiarato che gli abiti smessi sono infatti, legalmente considerati dei rifiuti e che il loro operato garantisce posti di lavoro per diverse persone.
C’è poi la possibilità che dietro a tutto ciò ci sia un racket sugli abiti usati. Potrebbe essere questa la motivazione che spinge molteplici zingari a infilarsi nei contenitori della raccolta degli abiti usati. Sono stati infatti avvistati scivolare all’interno dei raccoglitori situati sulle strade. Operazione pericolosa in quanto i raccoglitori si richiudono automaticamente e i malcapitati potrebbero rischiare di restare incastrati all’interno con tragiche conseguenze.
Il vestiario recuperato giornalmente subisce una prima selezione ai margini delle strade successivamente negli alloggi degli stessi zingari avviene un ulteriore smistamento prima di essere venduto a coloro che li piazzeranno poi sulle bancarelle di mercato a basso costo.