Monsignor Francesco Montengro, arcivescovo di Agrigento, ha pronunciato, ieri, al termine della processione del Corpus Domini, parole molto intense, rivolte agli agrigentini. “Signore, questo per noi è il giorno della meraviglia, perché nel Pane che ci hai dato e che stiamo contemplando, riconosciamo sia il dono più sublime e il massimo documento del Tuo amore per noi, sia che con esso tu ci affidi una grande responsabilità nella storia. Siamo qui a chiederti di purificare e rinnovare i nostri occhi e il nostro cuore perché possiamo guardarti col cuore e scoprire finalmente e per davvero la bellezza, la necessità e l’importanza del Pane che sei tu nella nostra vita.
Questa sera vogliamo mettere da parte i veli della religiosità a buon mercato e ripensare agli occhi di Pietro, nel momento in cui Tu gli chiedesti ripetutamente: “Mi ami?”. Gli occhi bassi e tristi di Pietro sono i nostri di oggi, consapevoli, come lui, della nostra miseria e della nostra poca fede. Tu, oggi, non ti aspetti da noi solo parole di lode e gesti di adorazione, ma ti interessa la nostra risposta alla domanda che allora ponesti a Pietro. La necessaria e dovuta risposta Ti serve e ci serve a verificare se abbiamo perso o meno il significato di questo Pane di vita e nel caso lo avessimo ridotto a semplice devozione, se siamo disposti a recuperarne il senso vero.
Sappiamo bene che nel tuo Amore è la sorgente della nostra vita, ma stasera, stando davanti a Te, vogliamo chiederci, se la nostra vita è davvero piena d’amore? Amare – ce lo hai insegnato – è più di un semplice sentimento o di una passeggera emozione, amare è generare vita, creare opportunità nuove, purificare, trasformare, costruire futuro … E molti di noi, oggi, hanno percorso col cuore spento le vie di una città che sembra destinata a morire lentamente e che fatica a proiettarsi nel futuro, nonostante il suo nobile passato.
Cosa voglio dire? Tu ci dai l’Eucaristia per riempirci di vita e di vitalità, eppure, quantunque in tanti la domenica La mangiamo, tale gesto stride e si scontra con la realtà di noi credenti-cittadini che, anziché vivificare Agrigento, sembriamo rassegnati al suo lento morire tanto da abituarci borbottando ai “puntellamenti” delle mura che, indebolite, cadono sbriciolandosi, e a considerare come facenti parte del panorama le macerie che ostruiscono le strade. Signore, mi chiedo, le crepe di questa città non sono forse i segni visibili di una, magistralmente, velata mancanza di solidarietà, di invisibili diffidenze che sembrano ormai divenute le regole dell’agire quotidiano (come gli ipogei che non si vedono perché sotterranei ma che, sempre più malandati, incidono sulla sicurezza della nostra città!), delle divisioni, dei muri invisibili che, anziché cadere come quelli delle nostre case, si innalzano sempre più e ci separano, dei veli di indifferenza che svolazzano tra di noi? Non sono forse, come ti ho già detto in altre occasioni, il segno e il risultato del nostro non forte amore per questo pezzo di terra che abitiamo? Se la amassimo veramente, tutti, credenti e no, ce ne sentiremmo più responsabili, ne avremmo cura fino in fondo, e anziché fare dannosa e inutile accademia, cercheremmo il modo di fare di più per il suo bene.
L’Eucaristia è invito alla Comunione con Te, ma è anche richiesta di comunione e di solidarietà tra noi e tra noi e la nostra terra. È invito soprattutto alla tua Chiesa – noi – di uscire fuori dalle sagrestie e respirare la stessa aria della città. È accorato appello ad accogliere la forza trasfigurante del Tuo Amore. Forza che sostiene il peso della nostra fragilità. Forza che non viene mai meno e che può sanare le ferite che sanguinano. Forza che costruisce sulla terra – su questa bella terra di Agrigento – un pezzettino di cielo (è strano, i turisti partono da ogni parte per conoscerla e noi invece …)
Tu, oggi, percorrendo le nostre vie, ci dici che non sei estraneo alla nostra vita. Hai camminato con noi per incoraggiarci a trovare la strada della solidarietà e della comunione. Lo hai fatto per ricordarci che in fondo ad ogni galleria c’è sempre un puntino bianco che ne indica la fine e segnala lo sbocco e la luce. Ci dici, insomma, che è sempre possibile il riscatto se si ha il coraggio del cambiamento. Uniti a Te, uniti tra noi – anima unica di un’unica città – se lo vogliamo, possiamo rinnovarci e ridare vita al luogo dove la nostra esistenza affonda le sue radici. Forse dobbiamo ricordarci di più che la radice prima del nostro lottare, ogni giorno, sei Tu, esempio supremo di amore che regala e regola la vita. Ci insegni che si può parlare di vita solo sentendo forte dentro di sé la capacità di dono, di servizio, di abnegazione, di comunione, di solidarietà, di apertura benevola alle esigenze ed alle ragioni degli altri.
Ricordo che La Pira ha detto che “le città non sono cumuli occasionali di pietra: sono misteriose abitazioni di uomini e più ancora, in certo modo, misteriose abitazioni di Dio”. Facci convincere, Signore, che tutte le realtà presenti nella città – scientifiche, tecniche, economiche, culturali, commerciali, urbanistiche, politiche, sociali, spirituali … – solo collaborando possono dare e custodire un’anima a questo territorio. Signore Ti prego perché questa nostra città, sia luogo di valorizzazione reciproca, ove insieme possiamo partecipare alla promozione e all’elaborazione di una ”cultura della comunione” che produca finalmente una mentalità nuova.
Signore, dà coraggio alla Chiesa agrigentina, chiamata a servire nel Tuo nome questo territorio, perché creda e punti di più sul futuro di questa città e, sapendo guardare oltre i muri delle sue chiese anzi uscendo per strada, indichi gli ampi e possibili orizzonti delle scelte della sua gente. Aiutala a capire che, se una città muore, è anche perché ancora il Tuo messaggio di vita non è penetrato nel cuore dei suo abitanti. Che c’è vita vera in una città solo se ci sono cittadini vivi, gioiosi, orgogliosi, innamorati, fiduciosi, audaci che la costruiscono; soprattutto se, esprimendo la loro anima cristiana, favoriscono ovunque dinamiche di comunicazione, di dialogo, di apertura, di collaborazione. Signore, che la Chiesa agrigentina costruisca fedelmente ponti tra Te e gli uomini e gli uomini tra loro. Cristo Gesù, fa sì che tutti gli agrigentini possiamo insieme ricostruire la nostra identità di popolo da cui Tu non sei assente. Se sappiamo tenere conto che in noi e tra di noi Tu ci sei e che a Te interessano le cose degli uomini, le barriere scompariranno, le diversità diventeranno valori da condividere, il bisogno di pochi diventerà l’ obiettivo di tutti.
Aiutaci a puntare ad una “unità” che non si invochi astrattamente solo nelle grandi occasioni, ma che costituisca, da un lato, l’obiettivo irriducibile delle preghiere e di ogni scelta pastorale, e dall’altro, di ogni scelta ed atto civico. Aiutaci a gettare reti di rapporti reciproci veri, ad intraprendere dialoghi di speranza che irradiano valori di vita e di bene comune, perché insieme possiamo dare più vita a questa città. Signore, aiutaci a puntare su ciò che unisce, a credere che, se rinnoviamo il nostro cuore, anche le cose che ci accadono possono cambiare. A comprendere che le nostre case, le nostre strade, la nostra città muoiono solo se siamo noi a lasciarle morire. Fa’ che nessuno di noi diventi responsabile dell’agonia di Agrigento. Come fai Tu con noi, aiutaci a vedere il positivo negli altri, ad essere testimoni di unità nella diversità di ruoli, di origini, di cultura, di età. A costruire relazioni che perseguano l’interesse comune e non quello personale, ad edificare comunità ecclesiali e civili sane che cercano il meglio anche se è rischioso e non il rassicurante rifugio che lentamente uccide.
Signore, un’ultima preghiera, non farci dimenticare che se vogliamo ripensarci, come Chiesa e come città, abbiamo bisogno di ripartire dagli ultimi, di tenere in debito conto i membri più deboli e più indifesi. Escluderli dalle scelte ecclesiali e civili è barare, tradire e stare fuori strada. Anzi in questo momento vogliamo ricordarli e presentare a te gli anziani, i malati, i disoccupati, i senza casa, i senza lavoro, i senza lavoro sicuro o quanti lavorano senza ricevere il dovuto stipendio, i bambini, gli immigrati, i giovani che con angoscia guardano al loro futuro, le famiglie in difficoltà. E la lista continua, Signore. Li affidiamo a Te, ma Tu dacci una mano perché loro trovano un posto nel nostro cuore, perché non siano solo un pensiero tuo, ma anche nostro.
Mi piace chiedere con le parole di una preghiera liturgica. “O Cristo cibo e bevanda di vita, balsamo, veste, dimora, forza, rifugio, conforto, in te speriamo. Illumina col Tuo Spirito l’oscura notte del male, orienta il nostro cammino incontro al Padre”