A seguito dei diversi interventi  di nostri lettori vi riproponiamo un articolo del 28 aprile 2010, pubblicato nella nostra testata online, inerente la “settimana corta” nelle scuole primarie di Campobello di Licata.

Buona lettura.

Ai sensi dell’art. 129 comma V del d. lgs. 297/94 fino a pochi anni fa tutte le scuole elementari (oggi primarie) d’Italia avevano l’obbligo di articolare l’orario settimanale di lezione in sei giorni settimanali o in cinque.
In questa ultima ipotesi, invero, l’orario avrebbe dovuto articolarsi anche nella fascia pomeridiana, con l’obbligo, dunque, di organizzare i cosiddetti “rientri pomeridiani”.
Le scelte del legislatore erano sensibilmente suggerite dall’obiettivo di tutelare le esigenze didattiche del bambino, al fine di garantire il suo “diritto ad avere tempi distesi di apprendimento”.
In quel momento storico il legislatore, nel rispetto della “centralità del bambino”, obbligando le scuole ad articolare i rientri pomeridiani, di fatto vietava che si potesse adottare un modulo orario che dislocasse tutte le ore curriculari in soli cinque giorni settimanali con orario antimeridiano.
Del resto era impensabile (e formalmente vietato) che con bambini dai 6 ai 10 anni di età si potesse adottare un orario curriculare di sei stancanti ed asfissianti ore al giorno.
Un modulo orario di tale specie era pensabile soltanto per gli adulti e per il loro mondo del lavoro: molti impiegati timbrano il cartellino alle ore otto del mattino per rifarlo all’uscita delle ore quattordici.
Se è vero, infatti, quanto sostenuto da una unanime e costante letteratura di psicologi, pedagogisti ed esperti della materia, secondo la quale nella fascia di età compresa tra i sei e i dieci anni il bambino ha capacità di concentrazione per soli 40 – 60 minuti al giorno, prevedere un orario curriculare di sei ore al giorno dovrebbe risultare inopportuno se non, addirittura, aberrante.
Ma proprio quando meno te lo aspettavi, in sintonia con il regresso economico mondiale che spesso si traduce anche in regresso politico e sociale, il “maldestro” legislatore di cui all’art. 19 d. lgs. 59/04 perveniva all’abrogazione dell’art. 129 citato, permettendo, dunque, ciò che prima era espressamente e fondatamente vietato: le scuole diventavano libere di organizzare l’orario curriculare come meglio credevano.
Da quel momento si diffondeva a macchia d’olio “la moda” della settimana corta, con la chiusura delle scuole nel giorno di sabato. Alcune scuole, addirittura, forzando sugli orari, prevedevano lo svolgimento di tutte le ore di lezione (trenta settimanali) nella sola fascia antimeridiana, costringendo i bambini a stare sui banchi di scuola per sei ore di fila, dal lunedì al venerdì.
Ed era proprio quello che accadeva in Campobello!
All’inizio dell’anno scolastico in corso, infatti, secondo una formale iniziativa dei Consigli di Circolo/Istituto, su parere favorevole del corpo docente (a maggioranza), le due istituzioni scolastiche campobellesi adottavano la fatidica settimana corta.
Il tutto senza sentire, né sondare le esigenze dell’utenza: i genitori non venivano resi partecipi del procedimento decisionale!
Tutto ciò nonostante il P.O.F. delle due istituzioni scolastiche fosse pieno di vacue parole di facciata circa la prospettiva di un proficuo rapporto di collaborazione tra la scuola e le famiglie.
Nel corso dell’anno scolastico, invero, dopo alcuni mesi di “adozione sperimentale” della settimana corta, in una delle due istituzioni scolastiche si teneva un “referendum farsa”, col quale i genitori erano chiamati ad esprimere la propria volontà circa la prosecuzione, o meno, dell’adozione della settimana corta.
Il “referendum farsa” consisteva, di fatto, nello scegliere tra due opzioni, firmando un documento dinanzi al Dirigente, il quale, dopo avere fatto una lunga premessa circa “i vantaggi” di cui alla settimana corta, autorizzava i genitori presenti a firmare su un foglio che non tutelava minimamente la segretezza della preferenza espressa.
Quali argomenti inducevano il Dirigente a “caldeggiare” per la settimana corta?
A detta dello stesso la settimana corta avrebbe “allineato” le scuole di Campobello alle scuole del resto d’Europa e alle scuole del Nord Italia.
Ma allora ci si chieda: forse che le scuole del resto d’Europa o dell’Italia settentrionale si trovano nelle stesse condizioni delle scuole di Campobello? No!
Le scuole primarie di Campobello deficitano della palestra, così come di locali idonei alla mensa e sono collocate in edifici di vecchia costruzione.
In esse i bambini entrano in gabbia (pardon in aula) alle ore otto per uscire dopo sei interminabili ore.
Ad ogni modo restava indiscutibile il fatto che in ognuna delle argomentazioni avanzate dal Dirigente mancava l’obiettivo di salvaguardare il bambino ed il suo diritto ad un orario curriculare consono alle esigenze della sua età!
Ed allora ci si chieda: – A chi giova il sabato libero? –
Di certo al personale scolastico, ai docenti, ai genitori. Sicuramente non giova al bambino.
Un esempio può rappresentare meglio la situazione: metti che un giovedì qualsiasi un imprecisato operatore scolastico (non meglio identificato) intravveda una zecca (anch’essa non meglio identificata); metti che il giovedì di buon ora il Dirigente scolastico dinanzi al portone di ingresso chieda cortesemente ai genitori di non fare entrare i bambini atteso il pericolo di beccarsi la puntura della zecca; metti che il Comune provveda ad una urgente opera di disinfestazione il venerdì; metti pure che il sabato e la domenica il personale scolastico non sia in servizio per effettuare la pulizia successiva alla disinfestazione; metti che il lunedì successivo si chieda cortesemente ai genitori di non fare entrare i bambini perché sono in corso i necessari interventi di pulizia e… voilà…, altro che “ponte scolastico”, eccovi servito un vero e proprio “viadotto”.
Sarcasmo a parte, resta doveroso comunicare che dalla rivista specializzata “Tuttoscuola” del 2 febbraio 2010 si apprende che il rappresentante dell’Unicef in Liguria ha segnalato le stesse situazioni orarie delle scuole primarie di Campobello al Garante dell’infanzia regionale, che ha censurato questo tipo di organizzazione delle lezioni, giudicandolo “inadeguato, contrario al benessere dei ragazzi e inutile per il loro apprendimento”.
Poiché sono convinto che i bambini vadano educati con l’esempio e non con le sterili parole, io da genitore mi sento in dovere di denunciare pubblicamente le nefandezze della settimana corta ed invito i genitori di Campobello, che la pensino come me, a contattarmi al seguente indirizzo di posta elettronica: michedipa@libero.it

Avv. Michele Di Pasquali