Qualche settimana fa, recandomi a Catania per lavoro, mi sono imbattuto, sotto un ponte all’uscita di Canicattì, in un presidio di protesta organizzato dagli agricoltori. Cartelli, bandiere, mezzi agricoli fermi al bordo della strada ed un grande braciere attorniato da gente con le facce tristi e arrabbiate, gente che si sente abbandonata, delusa, gente in crisi nella crisi più nera, gente che grida in silenzio il disagio e la paura di non avere i mezzi necessari per andare avanti.
E pensare che a questa gente noi tutti dobbiamo molto, anzi a mio modo di vedere moltissimo. Alzi la mano chi prova un grande senso di gratitudine per i nostri agricoltori. ….Tutti!
Non posso dimenticare che grazie alla intraprendenza, coraggio e laboriosità dei nostri agricoltori anche io mi sono potuto permettere il primo viaggio all’estero con gli amici, grazie ai soldi guadagnati da studente legando i tappi di sughero ai tendoni di copertura dei vigneti. Come non posso scordare che il mio stipendio da bancario, per circa venti anni (oggi lavoro per una banca veneta), mi è stato pagato anche grazie all’economia sviluppata da tanti agricoltori frutto del commercio dell’uva e delle pesche.
Io ho pochi dubbi sul fatto che il futuro della nostra comunità è legato a questa gente laboriosa e tenace, gente che non ha intenzione di mollare ma che forse ha bisogno di sentirsi meno sola.
Il loro successo nei mercati mondiali è la nostra salvezza. Tutto passa da questo, diversamente temo che il futuro presenti forti incognite. E allora, se queste mie banali considerazioni dovessero essere da Voi condivise, forse dovremmo fare qualche riflessione, forse sotto quel ponte dovevamo esserci tutti, forse avremmo fatto bene ad aggiungere la nostra voce alla loro, ma sapete cosa vi dico: non è mai troppo tardi.
Iniziamo con il dire che la nostra comunità conosce anche delle ottime esperienze commerciali nate in anni di lavoro duro e di scelte coraggiose. Vi sono in città commercianti che ogni anno riescono ad essere l’eccellenza, a raggiungere i mercati europei e mondiali avendo sviluppato una rete di contatti di primordine nelle forniture ai più importanti gruppi della grande distribuzione organizzata.
Questa eccellenza nel commercio dell’uva da tavola e delle pesche consente loro di stare sul mercato, anche se con fasi alterne, ed a resistere meglio alle turbolenze economiche.
Ma il piccolo agricoltore, quello, per intenderci, mono reddito che vive solo di agricoltura, quello con due o tre mila piante di uva o a volte meno, quello che se il mercato non sviluppa una forte domanda rischia di non vendere il prodotto, quello che se le condizioni metereologiche gli vanno contro avrà azzerato il reddito di un intero anno o anzi sarà andato sotto a causa delle spese di coltivazione sostenute, di questo agricoltore che in tempi passati più di oggi, ha fatto anche la ricchezza di artigiani, imprenditori edili, commercianti, autotrasportatori, banche e professionisti etc. di questo agricoltore chi se ne interessa?
Cosa possiamo fare noi per dimostrare quella gratitudine che indubbiamente va manifestata a questa gente? Cominciamo con il parlarne provando, come nello spirito di questa rubrica, a suggerire qualche intervento positivo, qualche riflessione ai soggetti che per scelta o professione potrebbero dare un loro contributo.
Certo per individuare la direttrice entro cui muoversi non ci vuole molta fantasia o scienza infusa: occorre avviare qualunque azione positiva che possa far crescere la domanda di uva e pesche a livello mondiale con particolare attenzione alla penetrazione dei nuovi mercati emergenti come ad esempio i paesi del c.d. BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).
Non è certo facile la conquista di nuovi mercati ma la strada è obbligata, la globalizzazione anche se non l’abbiamo scelta, è ormai pane quotidiano, e se i cinesi aprono negozi da noi, o gli indiani producono macchine o tecnologie che oggi noi acquistiamo, o i Russi ci vendono il gas, non c’è via d’uscita: occorre avviare mirate azioni commerciali al fine di riuscire a vendere in maggiore quantità, uva, pesche, vino, olio etc. a questi popoli.
Certo, non siamo gli unici nel mondo a produrre questi prodotti e, soprattutto, subiamo la concorrenza di paesi che in forza di bassi costi della manodopera e di costi di produzione ci scalzano in molti mercati.
Ma io insisto, la sola domanda interna di frutta non basta, non può bastare! Dobbiamo andare li e promuovere il nostro prodotto. Anche le banane e le mele vengono prodotte da più paesi nel mondo, ma perché tutti, o quasi, abbiamo la tendenza ad acquistare quella con il bollino blu? O quella con il bollino raffigurante le alpi? Può essere che ci hanno convinto e magari fatto constatare che la qualità è nettamente superiore?
Ma voi ritenete che la qualità dei nostri prodotti sia replicabile? Io dico difficilmente. Allora non abbiamo alternativa dobbiamo convincere il mondo, con ogni mezzo, che quello che producono i nostri agricoltori non ha eguali? Bisogna fare del marketing e della promozione la vera arma di difesa per far crescere la domanda delle nostre produzioni.
E’ vero, nel tempo le campagne di promozione sono state fatte (da consorzi, da enti pubblici, da assessorati, etc..) ma le statiche in ordine alle esportazioni verso i paesi cosi detti emergenti parlano chiaro. Abbiamo una presenza marginale, insignificante dal punto di vista della quantità di prodotto venduto.
Occorre a mio avviso ripartire da questo dato per non lasciare soli gli imprenditori agricoli della nostra comunità. Occorre utilizzare ogni strumento scientifico, tecnologico, ogni azione di marketing e di promozione per raggiungere l’obiettivo di vendite del “ bollino blu”.
Molte sono le opportunità offerte in tal senso per esempio dall’Istituto per il Commercio con L’Estero, dagli sportelli per l’internazionalizzazione, da fondi europei (Feasr, ex Feoga) etc.
In questo momento l’Assemblea Regionale Siciliana, sulla forte spinta del movimento dei Forconi, stà varando una norma di protezione dei prodotti agricoli regionali per contrastare anche il fenomeno delle produzioni c.d. “taroccate”. Questo è già un fatto positivo ma bisogna fare di più.
Le banche, con una mirata assistenza finanziaria per favorire l’export magari a tassi agevolati, le istituzioni pubbliche per favorire le missioni internazionali e la promozione pubblicitaria per diffondere la conoscenza sulle qualità straordinarie dei prodotti agricoli del nostro territorio dovrebbero, secondo me, rappresentare l’impegno sinergico di tutti gli attori dello sviluppo locale. Non fare questo è da criminali, sarebbe un attentato al futuro della nostra gente.
Vogliamo che tutti gli sforzi da parte di chi è preposto all’interesse generale della nostra comunità siano rivolti prioritariamente al raggiungimento di questo obiettivo.
Tutto il resto è e deve essere in secondo piano, nell’interesse nostro e per il futuro dei nostri figli.
Io, almeno per oggi, voglio essere idealmente sotto quel ponte e dire ai nostri agricoltori grazie. E voi?
di Vincenzo Racalbuto