Con buona probabilità questa è la domanda che tutti noi, un giorno si e l’altro pure ci facciamo.

Intanto l’euro ha compiuto dieci anni e le aspettative che tutti avevamo riposto nella moneta unica le sentiamo tradite. L’euro doveva essere il presupposto di una unione economica pensata diversi anni fa che avrebbe dovuto rendere le economie dei paesi aderenti più stabili, specie nei confronti dell’area del dollaro e, quindi, tutti noi più ricchi. Mercati più ampi, maggiore produzione ed esportazioni sostenute da una moneta forte che quota certo per l’incerto …..(io ho un euro quanto mi dai in cambio per averlo?).

Invece, ci sentiamo e siamo tutti un pò più poveri e, cosa ancora più grave, non percepiamo esattamente come ne usciremo.

Lo spread, il bund, il PIL, l’asta dei BTP, il deficit, il disavanzo, etc. sono termini ormai comuni, presenti in ogni telegiornale o rubrica di economia e, al di là della precisa conoscenza dei meccanismi e delle dinamiche che vi sottendono, li sentiamo come termini sinonimi di difficoltà economiche, mancata crescita e depressione.

Ma come si può uscire dalla crisi e, soprattutto, quando?

Non sono interrogativi di poco conto e, soprattutto, le ipotesi o le soluzioni eventuali sono da prendere sul serio o saranno le solite ottimistiche previsioni di economisti molto teorici e poco pratici? Il rischio è quello di perdersi in un mondo di chiacchiere senza mai riuscire a trovare

il così detto bandolo della matassa. Iniziamo con il dire che le teorie sono sempre teorie per cui sarebbe opportuno partire da alcuni elementi di fatto. Così impostato il ragionamento ci porta ad individuare delle criticità che ognuno di noi conosce o che, in ogni caso, ha potuto sperimentare.

L’Euro, come moneta comune a più paesi e le politiche di integrazione e sviluppo economico sono fallite perché le previsioni sono state sbagliate o, come al solito, l’uomo ci ha messo lo zampino? La risposta la conoscete. Qualche previsione da parte degli economisti forse avrà pure fallito, ma è pur certo, per esempio, che fiumi di milioni di euro dell’Unione Europea sono stati rubacchiati da politicanti senza scrupoli i quali hanno organizzato e strutturato ad arte corsi di formazione professionale con enti collusi e compiacenti. Saranno questi degli elementi sui quali riflettere? Questi corsi hanno aumentato le possibilità per migliaia di giovani di trovare lavoro? No. E se la stessa Corte dei Conti ha evidenziato, di recente, che il fenomeno ha comportato sperpero di denaro pubblico per diversi milioni di euro di chi è la colpa? Dell’Europa o dell’uomo avido e corrotto? Se i fondi europei destinati allo sviluppo economico del territorio specie, nel settore dell’offerta turistica e del rilancio dell’agricoltura, sono stati spesso appannaggio di imprese collegate a uomini politici corrotti e a gruppi di malaffare i quali, al fine di creare consenso estorto al bisogno della povera gente, hanno usato il denaro pubblico per fini affaristici e personali di chi è la colpa? Sempre dell’Europa e dell’euro? Se per alcuni rubare i contributi o i fondi previsti dall’Unione Europea ha rappresentato un “reato” quasi di minore importanza, anzi una sorta di abilità da furbi per cui non bastava il fondo perduto ma ci si ingegnava con la sovra fatturazione per fregare più denaro. Di chi è la colpa? Quale normativa europea avrebbe dovuto disciplinare i crimini commessi da soggetti che hanno fatto della gestione del bisogno e della disperazione umana la loro fortuna? Se la Regione Siciliana spende solo una minima percentuale dei fondi europei con la gran parte degli stessi che tornano indietro è colpa dell’Unione Europea? Lo sperpero di denaro pubblico e la cattiva amministrazione bruciano annualmente miliardi di euro sottratti allo sviluppo economico ed agli investimenti produttivi.

Allora, si potrà mai uscire dalla crisi? Dalla nostra crisi? Io dico si. Quando?

– Quando cominceremo sul serio ad indignarci anche se il problema economico e di sopravvivenza non riguarda noi e la nostra famiglia;

– Quando la suddetta indignazione ci porterà a scegliere rappresentati politici cha hanno alle spalle storie di servizio disinteressato alla comunità e non gente che vive di politica avendone fatto una vera e propria professione;

– Quando, di fronte ai reati connessi allo sperpero di denaro pubblico riusciremo ad invocare tutti insieme punizioni severe e pene esemplari;

– Quando impediremo a chi ricopre ruoli di responsabilità istituzionale di sfruttare la propria posizione per trarne vantaggi personali anzichè compiere il proprio dovere;

– Quando, di fronte ai temi dello sviluppo economico, smetteremo di far finta di niente girandoci dall’altra parte anziché promuovere l’associazionismo ed il far sistema nella convinzione che da soli non riusciremo mai a farcela (politica, banche, imprese e associazioni di categoria),;

– Quando riusciremo ad arrabbiarci sul serio di fronte a soggetti che hanno perso di vista l’importanza del perseguire il bene comune perché pensano che tutto è comprabile.

Di fronte a questa crisi occorre fare sistema per uscirne. Certo non tutto è risolvibile dal basso ma è giunto il momento di fare la nostra parte, quanto meno per dignità e spirito di sopravvivenza.

Cosa dobbiamo fare? Ognuno, ogni giorno, in ogni momento, in qualsiasi circostanza cominci a pensare che per il bene della nostra comunità la politica, la banca locale, le associazioni etc. debbono avviare e perseguire, almeno per iniziare, politiche concrete di sviluppo dell’agricoltura e di tutela del commercio. Se non lo fanno dobbiamo avere il coraggio di contrastarli, incalzarli, inchiodarli alle loro responsabilità senza via d’uscita, senza respiro e senza sconti. Dobbiamo pretendere una massiccia organizzazione di eventi al fine di aumentare il flusso di gente che spende nei nostri negozi. Si può fare. Si? Dobbiamo pretendere una campagna mondiale di promozione di uva e pesche si può fare. Si? Dobbiamo pretendere che le banche, specie quelle locali, non servano per consentire agli amministratori delle stesse di fare clientelismo e affari personali senza contribuire al rilancio della economia locale e della vera cooperazione. Riusciremo a fare tutto questo? L’alternativa sarebbe il fallimento ma attenzione non se la scanserebbe nessuno.

Io, per quel poco che posso fare, continuerò a stimolare riflessioni sulla nostra attuale situazione con l’obiettivo di creare un network di persone perbene che non ha voglia di girarsi dall’altra parte.

Di Vincenzo Racalbuto