Oggi più che mai la finanza viene percepita come sinonimo di speculazione. Questo è vero fino ad un certo punto dal momento che può trasformarsi, se opportunamente gestita e regolamentata, in un’importante driver per dirigere l’attuale modello economico ormai ritenuto da più parti in gravi difficoltà e non più credibile.

Il vortice della crisi economica che ha travolto le nostre vite, ormai da qualche anno, ha amplificato in noi la percezione della funzione speculativa e parassitaria della finanza intesa come attività volta al lucro, per il lucro, fine a se stessa e, quindi, da ascrivere tra le cause principali del disastro economico nel quale ci troviamo.

Ma possiamo vivere senza la finanza? La finanza intesa come attività di sostegno economico alla economia reale nasce quasi con l’uomo e si trasforma nel tempo con modelli che hanno visto l’uomo e la sua avidità utilizzare gli strumenti della finanza per raggiungere obiettivi certamente lontani dall’etica. Ma di finanza dovremo continuare a parlare dal momento che comunque vadano le cose non possiamo farne a meno. Del resto, come dice qualcuno, fare l’imprenditore senza la finanza è come voler fare il ciclista senza la bicicletta. Ma è possibile ritornare a cercare e pretendere un’etica nella finanza? Sono assolutamente certo che sia per motivazioni ideali che per motivazioni concrete il futuro appartiene alla “finanza etica”.

I vari crack economico-finanziari succedutisi nel tempo (ad es. la fine di Lehman Brothers) dimostrano inequivocabilmente che il modello sino ad ora perseguito è giunto alla fine. Aumenta la disperazione economica e la incertezza sul futuro di milioni di persone. Recessione economica in diverse parti del mondo e connessa disoccupazione e sotto sviluppo, ci impongono di cambiare modello di riferimento.

Percorrere una strada alternativa? Si può e si deve. Certo, mi pare giusto pensare che questo comporta una fatica ed un impegno fuori dal comune ma non credo che vi siano alternative. Ci sono moltissime persone a cui interessa l’etica, ma ai vertici del mondo del credito ne troviamo poche, almeno nei fatti.

Ma possiamo invertire la tendenza? Possiamo abbandonare un modo di far soldi distruttivo ed insensato per iniziare un percorso in cui l’uomo, la sua crescita, la sua realizzazione ed il suo benessere sia un unicum con il rispetto dell’altro uomo e del pianeta nel suo insieme. Se di globalizzazione ormai si vive (o per taluni si muore) occorre inevitabilmente fare affidamento anche e soprattutto sulle nuove generazioni insegnando loro che un modello differente di sviluppo potrà essere da loro concepito e diffuso.

Ma nel dettaglio cosa è la finanza etica? Quali sono i valori che fanno definire etica la finanza?

Potremmo sintetizzare il tutto con la parola “uomo” e con il fondamentale rispetto che si deve alla persona. La finanza allora non può mentire, non può imbrogliare, non può impoverire, non deve speculare, ma deve essere sinceramente orientata al bene comune. In Italia si comincia a sviluppare qualche esperienza di finanza etica, specie orientata al c.d. terzo settore ed al no profit in generale ma ancora siamo molto lontani da una diffusa e capillare presenza di operatori orientati in tal senso (e dico non a parole).

Un altro mondo è possibile. Operatori finanziari preparati e sensibilizzati al bene comune possono e debbono fornire concreta assistenza e orientamento agli operatori economici ed imprenditori in generale mirando ad uno stesso obiettivo: perseguire un giusto profitto nel rispetto dei ruoli.

Naturale ma non esclusivo impegno della finanza etica potrebbe e dovrebbe essere quello della micro impresa, magari a conduzione familiare, artigiani, commercianti e agricoltori con i quali concordare e condividere lo sviluppo della attività economica mediante veri e propri piani economico finanziari che prevedano l’apporto della finanza e quindi l’erogazione del denaro. Condividere un progetto significa essere vicino all’uomo ed alle sue aspettative, ma al fine di non essere retorico, aggiungo, che il progetto deve avere delle buone potenzialità di riuscita ed in tal senso la finanza etica prevede, in taluni casi, la costituzione di vere e proprie reti di imprese collegate l’una all’altra al fine di promuovere sinergie tra le stesse. Sinergie produttive, distributive e di sviluppo dei propri mercati di riferimento.

A mio avviso, le asimmetrie informative tra la banca e l’impresa rappresentano il terreno più fertile della “ non eticità della finanza “. Ma orientare la finanza all’uomo nell’ottica di cui si è detto comporta inevitabilmente un corposo investimento in risorse umane e nella loro capacità di essere autentici consulenti operanti all’interno di banche che diventino vere partner delle iniziative economiche avviate dagli imprenditori. Non è ancora matura questa sensibilità, ma sono certo che ormai il dado è tratto e la via tracciata, è solo una questione di tempo.

Ma la sincerità ed il rispetto a cui la finanza etica si ispira significa anche sapere dire di no e motivare il rifiuto di dare denaro. Il denaro va dato a prestito per migliorare le condizioni socio-economiche degli uomini ma non va dato sempre e comunque. Se una iniziativa dovesse essere motivatamente ritenuta debole o di scarso successo, è meglio dire di no che far partire iniziative che non approderanno all’obiettivo di crescita e sviluppo.

Questa trasformazione è possibile solo se tutti lo vogliamo e, al punto in cui siamo, sono certo che tutti o quasi la pensiamo allo stesso modo. In conclusione sento di poter dire che il futuro non potrà prescindere dalla scelta di intraprendere un nuovo modo di intendere l’economia e lo sviluppo con al centro l’uomo e la sua dignità. La parola dignità mi pare la giusta conclusione di questo contributo. Le scelte di dignità premiano sempre a se apparentemente comportano qualche sacrificio alla fine rappresentano il modo migliore di vivere. La finanza etica si stà sviluppando e l’idea cammina sulle gambe di uomini che hanno fatto della dignità e del rispetto la propria scelta di vita.

di Vincenzo Racalbuto