Vittorio Sgarbi non può essere candidato alla carica di sindaco a Cefalù (Pa). Lo ha stabilito la Corte d’appello di Palermo che ha confermato la decisione del tribunale di Marsala. A provocare l’estromissione del critico d’arte dal voto di Cefalù è una norma del testo unico degli enti locali (l’art. 143) in base al quale non possono concorrere al primo turno elettorale utile gli amministratori di enti sciolti per infiltrazioni mafiose.

E’ il caso di Sgarbi il quale era sindaco di Salemi (Trapani) quando, a febbraio, il Comune è stato sciolto dopo una relazione degli ispettori ministeriali secondo i quali l’attività amministrativa era condizionata dagli interventi di Giuseppe Giammarinaro, coinvolto in una inchiesta culminata con i sequestro di beni per 35 milioni.

“Ringrazio la Corte di appello di Palermo che, dichiarandomi incandidabile, mi consente di andarmene dalla Sicilia ritenendolo un luogo dove la democrazia non è condizionata dalla mafia ma dallo Stato”, ha detto Sgarbi. “Sono fiero di essere il solo incandidabile tra migliaia di immacolati candidati. E adesso ho la certezza di aver avuto davanti una corte di uomini ingiusti, indifferenti alla verità e ai fatti e che non hanno alcuna cultura né alcun interesse a combattere la criminalità. Ora possiamo essere certi che non c’è giustizia in Italia e in Sicilia.  La mia ultima speranza è che un giudice libero, in Cassazione, cui farò ricorso, ristabilisca la verità contro i ladri di giustizia che hanno umiliato e umiliano la Sicilia”.

In seguito alla decisione, il sindaco di Cefalù, Giuseppe Guercio, chiederà al prefetto e al capo dello Stato uno slittamento tecnico del voto per il rinnovo del Consiglio comunale del 6 e 7 maggio prossimi. Occorrerà infatti ristampare le schede senza il nome del critico: operazione, secondo il sindaco, che non potrà essere compiuta in poche ore. Per questo ha detto che si appresta a chiedere il rinvio di 15 giorni delle operazioni elettorali per farle coincidere con il turno di ballottaggio nei comuni maggiori.

Ma dall’assessore regionale per le Autonomie locali e la funzione pubblica, Caterina Chinnici, arriva già un no. Nessun rinvio delle elezioni a Cefalù. “La normativa in materia elettorale prevede il rinvio delle elezioni solamente per cause di forza maggiore – sostiene -, ossia per impedimenti oggettivi che non consentono il regolare svolgimento delle operazioni di voto, quali, per esempio, le calamità naturali. Nulla, invece, è previsto nell’ipotesi di incandidabilità dei singoli soggetti”.

Mercoledì scorso, dopo la proposta di slittamento delle consultazioni amministrative a Cefalù, avanzata dal prefetto di Palermo, “la giunta regionale ha approfondito con attenzione il caso, arrivando alla conclusione, all’unanimità, che – dice Chinnici – stando alla normativa vigente, in questa fase della competizione elettorale, il legislatore non ha previsto rimedi giuridici applicabili in tale ipotesi. Pertanto, qualsiasi intervento della Regione rappresenterebbe l’esercizio di un potere non attribuito dalla legge e quindi in contrasto con i principi costituzionalmente garantiti connessi all’esercizio del diritto di voto”.