Grandi manovre al via in Sicilia per il dopo-Lombardo. Se il Pd molla il governatore contestandogli di avere snaturato la giunta tecnica con la nomina di due assessori politici, il Pdl sembra destinato a perdere pezzi dopo la decisione di un gruppo di deputati regionali, capitanati dal capogruppo all’Assemblea Innocenzo Leontini, di tentare una nuova iniziativa per la creazione di un soggetto politico moderato, assieme al Pid, il partito dell’ex ministro Saverio Romano. Lavori in corso, che rendono ancora più complicato il quadro politico nell’isola, con i partiti che cercano di riposizionarsi dopo la batosta delle amministrative e il dilagante astensionismo che ha confermato quanto meno l’insofferenza verso gli attuali schemi.
Dunque, laboratori aperti in vista delle elezioni anticipate che si terranno a fine ottobre se Lombardo manterrà la promessa di dimettersi il 28 luglio. Nel frattempo il gioco delle alleanze è partito. Con un documento politico i parlamentari pidiellini in polemica con la linea della segreteria regionale hanno avviato il confronto con i colleghi del Pid su progetti e programmi, lanciando un appello a moderati, riformisti, laici e cattolici con lo scopo di formare un movimento che vada al di là delle sigle di partito.
Il primo appuntamento sarà il 7 giugno, con una iniziativa politica che si terrà a Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea. “Non è una iniziativa contro qualcuno o di rottura, ma dobbiamo andare al di là delle sigle di partito”, dice Leontini. Per il segretario siciliano del Pid Rudy Maira “Pdl e Pid devono essere le colonne per ricompattare i benpensanti, ma non in una logica di gattopardismo”. Se andrà in porto, il nuovo soggetto politico si presenterà alle elezioni con una propria lista civica e con un proprio simbolo. “In quel caso, ci confronteremo sugli organigrammi e sul candidato alla Presidenza della Regione”, avverte Leontini che non esclude una sua candidatura. L’idea piace a pezzi di Grande Sud e del Mpa, non piace invece alcuni esponenti del Pdl, che già prendono le distanze.
Intanto il Pd si smarca da Lombardo, provando in questo modo a ricompattarsi al proprio interno dopo mesi di profonde lacerazioni proprio sull’appoggio al governatore autonomista. “Riteniamo esaurita e chiusa la fase del governo tecnico, anche perchè non c’è più dopo l’ingresso nell’esecutivo di due esponenti politici”, spiega il capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici. Niente più appoggio dunque, ma niente mozione di sfiducia.
“Lombardo ha già detto che si dimette il 28 luglio, la mozione non ha senso”, afferma Cracolici che attribuisce alla vicenda giudiziaria di Lombardo (è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa) “un peso” determinante nel processo di logoramento della maggioranza. E sulla permanenza in giunta dei tre assessori “tecnici” di area Pd, Cracolici dice: “Decideranno loro se dimettersi o meno”.
Sarà la direzione regionale del partito, convocata dal segretario Giuseppe Lupo lunedì prossimo, a stabilire quali conseguenze politiche avrà il ritiro dell’appoggio al governo, mentre Cracolici invita Lombardo a mantenere “un atteggiamento sobrio” evitando “il supermarket delle nomine”, intravedendo il rischio che l’esecutivo di trasformi “in un governo elettorale”. All’Ars, in realtà, rimane ben poco da fare. E difficilmente in questo clima si potranno approvare riforme come quella sulle Province, che giace nell’apposita commissione di merito. Si ragiona, invece, in prospettiva. Cracolici conferma la sua idea di alleanze tra progressisti, moderati e autonomisti, con l’Udc “nterlocutore essenziale”. E Lombardo? “Ha già detto che non si ricandida e che si dedicherà al processo”.