Egregio Direttore,
apprendo che molti autorevoli esponenti del PD siciliano vogliono una nuova assemblea con Bersani.
La verità è che si sono spente (o forse soltanto smorzate) le luci delle notti peccaminose di Arcore. Sembra che sia calato il sipario sulle feste “burlesque” poiché ora il cavaliere è preso da mille pensieri e, noi siciliani lo sappiamo, la “m… non vuole pensieri”. Pertanto, egli deve concentrarsi su problemi di natura giudiziaria, politica, calcistica ed aziendale che, probabilmente, gli lasciano poco spazio alla spensieratezza notturna brianzola.
I primi a pagare il prezzo di tale novella vita defilata dell’ex premier sono i giullari, i comici, molti giornalisti e, soprattutto, gli uomini politici di sinistra. Tutti ora orfani di quel “premier-bersaglio” che aveva ispirato le loro performance teatrali, televisive, della carta stampata attenuando, in taluni, persino la noia di una monotona vita parlamentare. Non c’è più per loro quel premier-bersaglio che, in diversi casi, aveva procurato ai suoi detrattori insperati vantaggi personali. Un bersaglio che aveva offerto proprietà collanti anche ai più litigiosi partiti politici facendo sopire liti intestine che non emergevano soltanto perché soffocate proprio da quel bersaglio che mezza Italia voleva colpire, anche sbirciando attraverso il buco della serratura  tra le lenzuola di letti ove i peccati – con sapiente strategia –  venivano elevati al rango di reati.
Oggi che il bersaglio-premier non c’è più, le lingue, le intelligenze, le animosità degli uomini politici hanno più tempo per cominciare a lavarsi i propri panni sozzi.
E, ahimè, emergono furbi che si fottevano i soldi ed ingenui che non potevano accorgersi che i furbi rubavano impegnati, com’erano, a scorgere il colore ed il contenuto delle mutande del cavaliere. Emergono profonde lacerazioni interne su decisioni non da tutti condivise: ad esempio, sull’appoggio ad un governatore siciliano inquisito. Emergono profonde lacerazioni interne su  strategie che non trovano concordi tra di loro  non soltanto i partiti delle coalizioni di sinistra, ma neppure uomini appartenenti ad uno stesso partito della medesima coalizione.
Insomma, la sinistra è nel caos più completo: a Palermo indice le primarie, ma si candida sindaco (e viene eletto) uno di sinistra che alle primarie non si era neppure candidato. Si scopre che le icone che la sinistra aveva sbandierato, dopo le stragi Falcone e Borsellino, nelle ultime tornate elettorali, non sono gradite al popolo dei propri elettori i quali bocciano le icone per preferire giovani rampolli che sanno anche ben muoversi nei salotti notturni dei pub cittadini.
Povera, irriconoscibile sinistra italica. Ognuno dei suoi rappresentanti è contro tutti gli altri. Ricordate cosa è successo a Canicattì in occasione delle ultime elezioni comunali? L’ortodosso compagno Adolfo Bartoccelli stringe alleanza con l’ex camerata Giancarlo Granata; l’altro ortodosso Alberto Tedesco, ultimo giovane intellettuale bolscevico (al quale nessuno ha avuto cura di dirgli che Breznev e Crusciov non ci sono più) si catapulta – anche se al secondo turno – tra le braccia di un vecchio democristiano nel tentativo di acciuffare una poltrona in giunta; altri comunisti canicattinesi litigano tra di loro nella pubblica piazza per ragioni elettorali.  Insomma ognuno contro tutti. Questi sono gli orfani di un comunismo sgretolatosi con quel muro simbolo di tirannide, di oppressione, di arretratezza economica e culturale.
Forse presto, però, ci sarà nella sinistra italica una nuova resa dei conti. La Bindi dovrà presto chiarire come si possa conciliare la posizione di chi la domenica si batte il petto nelle navate centrali delle chiese d’Italia e da lunedì a sabato condivide scelte ideologiche e vota leggi di natura etica con i Vendola ed i Ferrero, con i Crocetta ed i Pannella. Essa dovrà chiarire come si possa difendere l’indissolubilità del matrimonio nelle Chiese e condividere, nel parlamento, il percorso politico di chi ritiene  il divorzio la più importante conquista sociale; come si possa nelle sacrestie condannare l’omosessualità  mentre nel parlamento si condividono le posizioni ideologiche di  chi chiede una legge per il matrimonio tra gay. Essa, l’on. Bindi,  dovrà chiarire come si possa lottare con l’azione cattolica per difendere il diritto alla vita e nelle aule parlamentari stare seduti con chi è favorevole all’eutanasia.
Insomma, i mali della sinistra non sono solo quelli che vedono contrapposti Vendola a Bersani, Di Pietro a D’Alema, Crisafulli a Lumia. I mali sono quelli più profondi che emergeranno ben presto quando sarà necessario fare scelte ideologiche ed occupare con coerenza posizioni politiche  precise ed inequivocabili. Non si può, gentilissima onorevole Bindi e carissimi cattolici progressisti d’Italia, stare con il piede in due scarpe.  Abbiate il coraggio e l’onestà mentale di scegliere da che parte stare uscendo dall’ambiguità che per decenni avete coltivato in una assurda altalena opportunistica combattuti, come siete, tra i vantaggi del palazzo ed il rispetto di principi ideologici e religiosi incompatibili con il progressismo dei vostri compagni di partito.
Con ringraziamenti per l’ospitalità, la saluto cordialmente.
“Controcorrente”