E’ il giorno del ricordo di quel 21 settembre del 1990, quando un commando uccideva il giudice canicattinese Rosario Livatino. L’agguato si consumò sul viadotto Gasena, lungo la strada statale 640, Agrigento-Caltanissetta, mentre senza scorta con la sua Ford Fiesta amaranto, il giudice ragazzino, come lo definì l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si stava recando in Tribunale. Per la sua morte sono stati arrestati e condannati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i killer e i mandanti dell’omicidio. Nel giorno del ventiduesimo anniversario sono diverse le iniziative organizzate per ricordare la figura del magistrato. Stamattina sul luogo dell’agguato sono state deposte alcune corone d’alloro collocate ai lati della Stele che ricorda quella triste pagina della storia agrigentina. L’anniversario dell’eccidio ad un anno del pontificale d’avvio del processo di canonizzazione del giudice canicattinese, già proclamato Servo di Dio da Giovanni Paolo II, quando da Agrigento il 9 maggio del 1993, lanciò il suo anatema contro la mafia. Impossibile stabilire i tempi tecnici di durata di questa fase diocesana, solo allora verrà proposto al Sommo Pontefice la firma del decreto di venerabilità, nell’attesa di proclamarlo beato.

“Il ricordo di Rosario Livatino è per tutti gli imprenditori un momento di riflessione attenta sull’insegnamento che il magistrato trucidato dalla mafia (così come Antonino Saetta che ha pagato con la vita il suo impegno di magistrato integerrimo) ci ha lasciato”. Così si esprime il presidente di Confindustria Agrigento, Giuseppe Catanzaro che continua: “C’era nei comportamenti di questi magistrati non solo il coraggio ma anche un alto senso del rispetto delle regole e alti valori morali e etici. Ed è proprio ispirandosi a quei valori che gli imprenditori oggi continuano nel loro impegno nella lotta alla mafia e a tutte le illegalità dicendo no non solo al racket ma anche a qualsiasi richiesta magari proveniente da funzionari corrotti. Chi si sottrae a questi doveri dimostra di non avere rispetto per il sacrificio dei due magistrati o peggio chi paga il pizzo o pubblici funzionari corrotti li uccide un’altra volta”.E’ il commento di Giuseppe Catanzaro, presidente di Confindustria Agrigento e vicepresidente di Confindustria Sicilia. Per Catanzaro “la lotta alle mafie sta alla base dello sviluppo economico e sociale, come ha più volte ricordato il presidente di Confindustria Sicilia e delegato nazionale alla legalità Antonello Montante, e oggi non vi possono continuare ad esserci sacche di ambiguità”.

E’ iniziata ieri sera la “Settimana della Legalità in memoria dei Giudici Saetta e Livatino”.La manifestazione, organizzata dalle associazioni “Tecnopolis” ed “Amici del Giudice Rosario Livatino” di Canicattì, ha preso il via nel centro poliedrico realizzato in terreno confiscato alla mafia in contrada Robadao a Naro dove sono stati proiettati un documentario e alcune video testimonianze sul “giudice ragazzino” a cura dell’associazione “Libera” presieduta da don Luigi Ciotti e dalla cooperativa “Libera terra – Rosario Livatino”. Le iniziative si svolgono sotto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica con l’adesione di Libera e Confindustria Sicilia.Oggi, a distanza di 22 anni dal delitto Livatino, alle 10, nella chiesa di San Domenico, una celebrazione eucaristica seguita alle 11,30 dalla deposizione nel luogo dell’agguato, alle porte di Agrigento in contrada Gasena, di un omaggio alla stele. Il 22 settembre alle 10 al teatro Sociale si svolgerà il convegno dal titolo “Esempi, valori ed azioni per la democrazia e la giustizia”. Tra i relatori Antonello Montante, presidente di Confindustria e delegato nazionale per la legalità, il magistrato Roberto Scarpinato, monsignor Giovanni D’Ercole ed Alfonso D’Alfonso direttore nazionale della Dia (Direzione investigativa antimafia). Mentre il 25 settembre, alle ore 10, l’appuntamento è al cimitero comunale di Canicattì per rendere omaggio alle tombe del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano che fu ucciso insieme al padre.

“Ventidue anni sono trascorsi dall’uccisione del giudice Rosario Livatino. Un atroce  delitto che lasciò interdetti. Dopo tanti anni appare sempre più chiaro che si volle eliminare Livatino per l’esempio di correttezza, abnegazione e moralita’ che esprimeva, malgrado la sua giovane età”.Lo ha detto Michele Cimino,deputato regionale di Grande Sud  , il quale  prosegue  affermando che la figura di uomo del “giudice ragazzino” per la mafia era intollerabile. Ed ancora oggi continua ad esserla in quanto il suo sacrificio è rimasto per i giovani un punto di riferimento, un modello di comportamento civile e professionale, da emulare per l’impegno dei magistrati impegnati contro la mafia e la criminalità organizzata”.

“Nel ventiduesimo anniversario dell’uccisione del giudice Rosario Livatino, si celebra non solo il coraggio di portare avanti i valori di giustizia e di legalità che, soprattutto in una terra complessa come la Sicilia, sono difficili da affermare, ma anche la discrezione di un magistrato che ha svolto il suo lavoro nell’interesse della gente e nella convinzione che il percorso della legge avviene in larga parte a distanza dai riflettori, con impegno fermo e con costanza. Per queste ragioni, Rosario Livatino è un esempio e un punto di riferimento per chi lavora libero da appartenenze, poiché l’unica appartenenza che si riconosce è alla giustizia, all’etica di un ruolo delicato e a una professione che raggiunge i suoi massimi livelli se interpretata quasi come una missione. Quando ero ministro della Giustizia ho deciso di intitolare alla sua memoria la Sala verde del ministero, luogo per eccellenza dove vengono assunte le decisioni più importanti in materia di giustizia, per rendere indelebile il ricordo della grande abnegazione, dell’onestà e dell’amore con cui svolgeva il proprio ruolo. Ed è al nobile esempio di un eroe silenzioso della nostra epoca come Rosario Livatino che dobbiamo continuare a ispirare il nostro impegno quotidiano per far sì che vengano affermati in ogni ambito della vita pubblica i valori di giustizia e di legalità”. E’ quanto afferma il segretario politico del Pdl, Angelino Alfano.

“Affrontò il suo destino consapevolmente, sostenuto dalla fede e dalla forza di dovere esercitare la giustizia fino alla fine”. Così Nello Musumeci, candidato del centrodestra alla Presidenza della Regione Siciliana, ricorda Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia 22 anni fa mentre da Canicattì si recava al Tribunale di Agrigento.
“Svolgeva nel silenzio il suo lavoro come se fosse una missione, consapevole dei rischi che correva in un contesto ambientale ostile, quando ancora non si era manifestata una diffusa coscienza antimafiosa nell’opinione pubblica siciliana. La storia ci consegna  non “il giudice ragazzino”, ma un uomo che seppe coniugare l’esercizio di una professione difficile, senza cedere a compromessi, e la pratica quotidiana dei valori cattolici, che potrebbe portarlo alla santità”.