A Catania, Siracusa, Agrigento e Cremona, oltre cento carabinieri del Comando provinciale di Catania e di quelli competenti per territorio hanno dato esecuzione a un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica, Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 9 persone ritenute responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, questi ultimi tre aggravati dall’aver agito al fine di agevolare il sodalizio d’appartenenza.

Il provvedimento restrittivo scaturisce da un’attività investigativa, supportata da indagini tecniche telefoniche e ambientali, che ha consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione mafiosa vicina a Cosa nostra catanese operante nei territori di Vizzini (CT) e Francofonte (Sr) e di ricostruirne la struttura con al suo attuale vertice Salvatore Navanteri.


Il boss e la moglie Luisa Regazzoli si erano rifugiati a Rivolta d’Adda (Cremona) per sottrarsi alla vendetta del clan catanese D’Avola. Dopo un’accurata ricerca, vagliando i dati forniti dalle attività investigative, i carabinieri del nucleo investigativo di Cremona si sono presentati alle 4.30 del mattino nell’abitazione del pluripregiudicato siciliano che inizialmente ha finto di non essere in casa, probabilmente per accertarsi della reale identità dei militari. L’8 agosto scorso a Francofonte (Siracusa), Navanteri era scampato miracolosamente a un attentato, a causa del quale ha perso un occhio ed è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico.

Il gruppo criminale, di tipo verticistico, si caratterizzava per una ben definita ripartizione dei ruoli al suo interno che vedeva a capo Navanteri, Vaina Vito e Alfieri Antonino quali luogotenenti e Centocique Alfio il gestore della “cassa comune” che si avvaleva per lo svolgimento delle attività illecite della collaborazione di Cristian Nazionale  e di Michele Ponte, quest’ultimo da sempre uomo di fiducia della famiglia Navanteri. Tra gli indagati emerge anche a pieno titolo la partecipazione di della moglie di Navanteri, la quale non solo era al corrente delle dinamiche interne della consorteria ma agiva costantemente per favorirne ed attuarne le progettualità criminali.

Le investigazioni, al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, hanno documentato una spaccatura all’interno del gruppo criminale generatasi a seguito dell’arresto del suo capo originario D’Avola Michele, raggiunto nel dicembre del 2012 da misura cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione illegale di armi, che ha determinato la mancanza di una leadership nel sodalizio.

Le indagini hanno consentito infatti di dimostrare che Navanteri,  una volta tornato libero dopo un lungo periodo di detenzione, voleva “impossessarsi” dei territori di Vizzini (Ct) e Francofonte (Sr) reclutando tra le sue fila anche appartenenti al gruppo del D’Avola Michele.  Quanto sopra ha determinato una profonda crepa all’interno della compagine criminale originaria tra coloro che sono rimasti fedeli a quest’ultimo e quelli che, invece, hanno riconosciuto la nuova leadership di Navanteri.

Le investigazioni hanno fatto luce in particolare sull’agguato di cui è stato vittima Navanteri l’8 agosto quando è stato fatto segno di un colpo di fucile calibro 12 che lo ha attinto ad un occhio mettendo in serio pericolo la funzionalità dell’organo. Nella circostanza, come emerge dalla attività d’indagine, il gruppo di fuoco era composto dagli indagati Salvatore Guzzardi e Luciano Nazionale, evidentemente rimasti fedeli al D’Avola.

Il provvedimento restrittivo odierno scaturisce dalla situazione di fermento determinatasi a seguito del predetto fatto di sangue e dalle azioni preparatorie che il clan di Navanteri  stava attuando per dare una “esemplare risposta armata” agli avversari così come emerge dalle intercettazioni. Nel corso delle perquisizioni sono stati ritrovati oltre 10 kg di marijuana suddivisa in panetti, bilancini di precisione, una pistola 7,65 con matricola abrasa e completa di caricatori, radio trasmittenti, denaro in contanti per una somma complessiva di 7.000 euro e documentazione varia. I fermati sono stati ristretti nelle case circondariali di Catania Bicocca, Siracusa, Agrigento e Milano.

Con l’operazione “Ciclope2 sono stati rinchiusi nelle carceri di Bicocca, Siracusa, Agrigento e Milano Antonino Alfieri, 55 anni; Alfio Centocinque, 31; Salvatore Guzzardi, 32 anni; Salvatore Navantieri, 58 anni; Cristian Nazionale, di 26; Luciano Nazionale, 23 anni; Michele Ponte, 41 anni; Luisa Regazzoli, di 54; Tommaso Viana, di 48 anni. Sono tutti pregiudicati tranne Alfieri e Regazzoli.