Nel 2024 l’Italia registra solo 1,18 figli per donna, il valore più basso di sempre. Con 370 mila nascite e un’età media al parto di 32,6 anni, il declino demografico si aggrava: cosa sta succedendo

Il 2024 segna un triste primato per l’Italia: la fecondità scende a 1,18 figli per donna, un valore inferiore al precedente minimo storico di 1,19 registrato nel 1995 e in calo rispetto al 1,20 del 2023. Lo rivela l’Istat nel suo ultimo rapporto sugli “Indicatori demografici”, basato su dati provvisori.

Questo dato, che misura il numero medio di figli per donna in età fertile, fotografa una realtà preoccupante: le nascite continuano a diminuire, toccando quota 370 mila, circa 10 mila in meno rispetto all’anno precedente (-2,6%). Il tasso di natalità, pari a 6,3 per mille, si mantiene tra i più bassi d’Europa, in lieve flessione rispetto al 6,4 per mille del 2023. A completare il quadro, i decessi superano di gran lunga le nascite, attestandosi a 651 mila, un divario che alimenta il declino demografico del Paese.

Un calo che colpisce Nord e Sud
La contrazione della fecondità non è uniforme sul territorio nazionale. Il Nord vede il numero medio di figli per donna scendere da 1,21 a 1,19, mentre il Mezzogiorno registra la flessione più marcata, passando da 1,24 a 1,20. Al Centro, invece, il dato resta stabile a 1,12. Questo calo riflette non solo una riduzione delle scelte riproduttive, ma anche un cambiamento strutturale nella popolazione: le donne in età fertile (15-49 anni) sono passate da 14,3 milioni nel 1995 a 11,4 milioni al 1° gennaio 2025, mentre gli uomini nella stessa fascia d’età sono scesi da 14,5 milioni a 11,9 milioni. Trent’anni fa, con una fecondità appena superiore a quella attuale, nascevano comunque 526 mila bambini, 156 mila in più rispetto al 2024. “Il calo delle nascite è il risultato combinato di una fecondità sempre più bassa e di una popolazione potenziale di genitori in diminuzione”, sottolineano gli esperti Istat.

L’età al parto continua a salire
Parallelamente, l’età media al parto cresce senza sosta, raggiungendo i 32,6 anni nel 2024, con un incremento di 0,1 anni rispetto al 2023. Questo fenomeno, noto come posticipazione delle nascite, ha un impatto diretto sulla fecondità: ritardare la maternità riduce il tempo a disposizione per avere figli, comprimendo i progetti familiari. La tendenza è diffusa in tutto il Paese, ma si accentua al Nord e al Centro, dove l’età media al parto tocca rispettivamente 32,7 e 33,0 anni, contro i 32,3 anni del Mezzogiorno. “Più si posticipa, meno figli si fanno: è una dinamica che si autoalimenta”, commentano gli analisti, evidenziando come questo trend sia ormai un pilastro del declino demografico italiano.

Disparità regionali: Trentino in testa, Sardegna in coda
Nonostante il calo generalizzato, alcune regioni resistono meglio di altre. Il Trentino-Alto Adige si conferma la zona con la fecondità più alta, con 1,39 figli per donna, anche se in diminuzione rispetto al 1,43 del 2023. Seguono Sicilia e Campania, entrambe con madri più giovani: l’età media al parto è di 31,7 anni in Sicilia e 32,3 anni in Campania e Trentino. All’opposto, la Sardegna resta fanalino di coda con appena 0,91 figli per donna, un dato stabile ma drammaticamente basso. Tra le regioni meno feconde spiccano anche il Molise (1,04), la Valle d’Aosta (da 1,17 a 1,05) e la Basilicata (1,09). Queste ultime, insieme al Lazio (33,3 anni), registrano anche le età medie al parto più elevate: 33,2 anni per Sardegna e Basilicata, 33,1 anni per il Molise.

Basilicata: il caso di un declino accentuato
La Basilicata emerge come una delle regioni più colpite dal crollo demografico. Con un tasso di variazione demografica di -6,3 per mille, supera persino la Sardegna (-5,8 per mille). Al 1° gennaio 2025, la popolazione residente è di 529.900 abitanti, di cui 502.500 italiani e 27.400 stranieri. Le nascite, appena 3.100, segnano un calo del 2,3% rispetto al 2023, con una flessione più marcata nella provincia di Potenza (-3,9%, 1.900 nati) rispetto a Matera (-0,4%, 1.100 nati). L’età media dei lucani è di 47,6 anni, mentre la speranza di vita cresce: 85,2 anni per le donne (+6 anni sul 2023) e 80,9 anni per gli uomini. La regione soffre anche di un forte saldo migratorio negativo (-5,0 per mille), il più alto del Mezzogiorno insieme alla Calabria (-4,6 per mille).

Nati stranieri: un contributo in calo
I bambini di cittadinanza straniera rappresentano il 13,5% delle nascite totali, pari a circa 50 mila neonati, ma anche questo numero è in diminuzione (-1.500 rispetto al 2023). Sebbene gli stranieri contribuiscano a mitigare il calo demografico, il loro apporto si sta riducendo, complicando ulteriormente il quadro. “La natalità straniera non basta più a compensare il declino della popolazione italiana”, osservano gli esperti, segnalando un trend che potrebbe aggravarsi nei prossimi anni.